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  • Francesco Caracciolo ha ricevuto il Premio alla cultura nel 1985 e nel 1994, conferito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri

  • Ha ottenuto finanziamenti per la ricerca scientifica dal Ministero della Pubblica Istruzione e contributi dal Consiglio Nazionale delle Ricerche

  • È stato Forschungsstipendiat dell'Alexander von Humboldt Stiftung

  • Il costo del benessere. Con o senza colpevoli

    di Francesco Caracciolo

     

    Frequenti e intense perturbazioni atmosferiche si susseguono nelle più diverse aree del pianeta producendo qua e là sconvolgimento e disastri. La scienza è disorientata, le tesi e le opinioni sono varie. Certo il caldo c’è, aumenta da decenni ed è destinato a progredire. Ma molti scienziati e studiosi del clima non ritengono che la causa del suo progresso sia da individuare nelle emissioni umane. Certo, essi dicono, il progrediente riscaldamento sgretola le montagne di ghiaccio, accresce la massa d’acqua, i mari e gli oceani, che nel tempo sommergerà parte dei continenti. Le zone torride, il secco e l’arido guadagnano spazio estendendosi sempre più. Le vaste e continue esalazioni allargano il buco nell’ozono e il caldo aumenta, mentre lo scirocco e il clima torrido deliziano le zone che sono sempre state temperate e fredde, fino a raggiungere i poli, a trasfigurare il bel mondo e a fare delle aree più floride e civili un unico deserto. Si diffonde la persuasione che il disastro sia frutto del disordinato progresso, il costo del benessere che l’uomo s’è procurato e delle comodità di cui gode e che non ha mai avute prima, nei millenni precedenti. Si giunge alla conclusione che l’uomo stia facendo di tutto per annientarsi, rendendo invivibile la terra, la sua dimora e degli altri esseri viventi. Ma nonostante questi allarmi – spiegano molti studiosi – non è l’uomo la sola causa del riscaldamento e dei suoi effetti.

    Per incriminare l’uomo e le sue emissioni c’è sufficiente materia.  Utili apparecchi condizionano e regolano a volontà la temperatura degli ambienti in cui parte dell’umanità conduce la propria esistenza. La fatica e la sofferenza fisica sono ridotte al minimo, quasi scomparse per l’impiego di sofisticati congegni che generano deleteri e letali rifiuti. Le distanze tra paesi e continenti sono misurate a ore di viaggio in comode poltrone di vetture, di treni e di aerei e di altri veicoli tutti inquinanti. Tutto sembra facile e possibile. In buona parte del globo quasi nessun peso ha più la gravità sulle forze dell’uomo, che si serve di macchine complicate per sostituire la propria fatica. È usuale solcare e penetrare i mari fino alle estreme profondità e bucare i cieli, conoscere i segreti più reconditi e gli avvenimenti più diversi che si verificano anche nei più sperduti angoli del mondo. Fa parte delle abitudini di ognuno star seduti e passare in rassegna i fatti più strani e vari, che accadono ogni momento sulla terra e che nostri simili per professione scovano ovunque con enormi mezzi e con infinita capacità di penetrazione, violando il pudore altrui e la privacy più intima. Tutto questo o gran parte di esso inquina, ma fa sentire gli uomini molto vicini agli dei. Non sono più la giustizia e la virtù che fanno dell’uomo una divinità, come voleva la migliore tradizione settecentesca, ma il benessere, le scoperte e la ricchezza, che annientano ogni limite al suo potere. E riempie di soddisfazione gustare il prodotto delle conquiste e assaporare i frutti del progresso che sembra infinito. Non si intravedono neppure i danni che può generare il benessere. Solo qualche superficiale e passeggera attenzione si volge alla minaccia di ipotetici futuri e lontani pericoli che si intravedono all’orizzonte e disturbano ogni tanto l’universale godimento.

    Eppure il necessario vuoto che produce la soddisfazione, il male insito nel bene, il dolore generato e frammisto con il piacere, sono sentimenti e realtà la cui esistenza è stata intuita nella sostanza fin dai tempi più remoti. Il contenuto di tante favole mitologiche sembra pure riflettere la paura e l’inquietudine che fanno nascere nell’uomo la conquista del nuovo e la continua violazione dei limiti sempre rinascenti e sempre frapposti alla marcia in avanti. La Genesi condensa in una mela il frutto proibito, l’oggetto del desiderio dell’uomo, il nuovo sempre scoperto e sempre anelato, il conosciuto che non giunge mai a un limite ed è sempre insufficiente a soddisfare l’infinita e rinascente fame di conoscenza. La mela proibita dal creatore fu mangiata dall’uomo, che credette di soddisfare così il suo prepotente desiderio, ma essa creò infiniti guai al disobbediente che oltrepassava il limite indicatogli.

    L’avvertenza che gli antichi diedero nelle favole mitologiche e nelle verità dei libri sacri ha avuto sempre scarsa efficacia nel condizionare la condotta dell’uomo. E sembra che oggi non ne abbia alcuna.

    L’uomo è distratto da innumerevoli novità, è affascinato dalle sue stesse creazioni, gode del frutto delle sue scoperte. Ammira il progresso e lo divinizza, come idolatra se stesso che lo ha prodotto. È stupito della sua stessa potenza, ma diviene sempre più succube delle sue invenzioni, dei risultati della sua opera e degli strumenti di cui si è servito per realizzarla. Non è più lui il conduttore, il manovratore di quegli strumenti, che oggi sono divenuti infernali e si muovono da sé rendendo superflua la mente che li ha concepiti e la mano che li ha azionati. Il progresso sfugge di mano. Non è più rappresentabile con un mostro ferreo che «corre gli oceani, corre la terra» e che «i monti supera, divora i piani, sorvola i baratri». È divenuto molto più grande e complesso, e la sua immensità sfugge alla guida dell’uomo, suo creatore.

    Ma quanto è appetibile il frutto che pende da un tale albero generoso e che è facile raccogliere! Complesso o no, con molti rami e foglie, del suo prodotto non si può fare a meno. È magnifico dominare la natura, annullare le distanze, rendere il pianeta un monticello con accanto un laghetto. È stupefacente parlare a distanza di migliaia di miglia, che coprono anche l’intera circonferenza della terra, per comunicare novità o solo per salutarsi e per dire: «tra poche ore sarò lì». Riesce comodo entrare nei più reconditi anfratti del mondo e assistere ai fatti più strani stando seduti su un divano a guardare distratti il susseguirsi di immagini che acuti professionisti procurano per crearsi fama e celere carriera. È stupendo godere dello spettacolo che offrono le metropoli e ogni agglomerato urbano di ogni dimensione sparsi sulla faccia della terra. In essi la luce artificiale eguaglia quella naturale e la notte è fatta giorno, mentre si esauriscono i giacimenti e le risorse che il ventre del pianeta conserva da milioni di anni. È utile appropriarsi una parte del generale benessere  per accrescere le proprie comodità.

    È bello, utile e comodo tutto questo! Peccato che accade mentre qualche minaccia incombe sull’intera costruzione. Ma essa non concerne un pericolo immediato. Si può dunque trascurare di prenderla in considerazione. E poi non è colpa dell’uomo l’aumento del calore sulla terra, né lo sono lo scioglimento dei ghiacci polari, l’arretramento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello dei mari. Non appare poi tanto deleterio quanto sembra ad alcuni l’effetto del disboscamento, della continua distruzione di foreste rimaste impenetrabili per milioni di anni. Non è da molti reputata irreparabile l’asportazione dei polmoni del pianeta, la trasformazione in luchi di immense foreste come quelle dell’Amazzonia. Non desta sconcerto la sfrenata corsa a costose scoperte, né la rivelazione di ogni segreto della vita e delle abitudini degli individui, delle genti e dei popoli da noi lontani e a noi finora estranei. Non si ritiene nocivo penetrare ovunque, rendere tutto noto e distruggere così ogni interesse e la piacevole attrattiva che suscitarono sempre nell’uomo l’esotico e quanto è seminascosto dal pudore e dal mistero.

    Nessuno teme che tante novità, tante aggressive violenze possano stravolgere l’esistente e preludere a risultati letali per la sussistenza della civiltà e per la stessa esistenza umana. In fondo l’umanità ha sempre superato ogni ostacolo fronteggiando gli effetti distruttivi di ogni catastrofe. Ora è utile godere quel che ci si offre in attesa del peggio che è solo eventuale. È utile e comodo assaporare i frutti del progresso, di ciò che si presume stia producendo gli effetti catastrofici.

    È stupendo comunicare a distanza e spostarsi da un capo all’altro del mondo stando seduti su un comodo sedile di un mezzo che vola nei cieli. È stupendo vedere il pianeta da un punto lontano fuori dell’atmosfera e osservarne il movimento, come se fosse uno dei tanti corpi celesti a noi estranei e da noi lontani e non padre e madre e materia della nostra nascita e della nostra esistenza. È bello soprattutto godere delle molte comodità che le nostre conquiste e il progresso ci donano. Ci siamo ormai abituati ad usufruirne e non siamo capaci di rinunciare, anche se alcuni rari profeti suppongono che esse producano la progressiva distruzione. Queste sono un bene immediato e irrinunciabile, quella un male previsto e futuro, collocato più o meno lontano nel tempo, in un’epoca definita a piacere di ognuno di noi.

     

    Francesco Caracciolo

     

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